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Condominio e impianti tecnici: presupposti per l’inclusione nei beni e servizi comuni a tutti i condomini.

Aprile 28, 2022

Con riferimento al tema dei cosiddetti volumi tecnici rientranti tra le parti comuni di un edificio condominiale ai sensi dell’art. 1117 del Codice civile – ovvero quelli destinati a contenere gli impianti condominiali (come i vani ascensore, caldaia, autoclave, contatori), o riferiti altri beni comuni (come il vano scale) e/o comunque insuscettibili di separato e autonomo godimento -, la Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. 6^ – 2, Ordinanza, 19/11/2021, n. 35514) ha affermato il principio di diritto secondo il quale, al fine di stabilire la condominialità o meno di questi ultimi (vincolati all’uso comune, in forza della loro naturale destinazione o della loro connessione materiale e strumentale rispetto alle singole parti dell’edificio). occorre compiutamente accertare la relazione di accessorietà ed il collegamento funzionale esistente fra gli impianti o i servizi comuni, da un lato, e le unità in proprietà esclusiva, dall’altro. In altre parole, verificando che gli stessi volumi tecnici sussistessero già al momento della nascita del Condominio, non rilevando, in tal senso, il collegamento creato solo a seguito della formazione dello stesso, dal quale potrebbe per lo più discendere, viceversa, la costituzione di una servitù a carico di una porzione di proprietà esclusiva. Nello specifico, la vicenda affrontata dalla Suprema Corte, ha riguardato il ricorso proposto da due condòmini avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello dell’Aquila che, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale di Sulmona, ne aveva rigettato la domanda, volta ad accertare il loro diritto di comproprietà indivisa su un locale posto al piano terra dell’edificio condominiale (costituito da un vano caldaia e vano antistante), nonché diretta a negare la condominialità di detto bene e il diritto personale e/o reale di godimento vantato da terzi sullo stesso. La Cassazione ha censurato la decisione con la quale i Giudici di merito hanno ritenuto sussistere la presunzione di condominialità (avendo accertato dapprima che i locali dove si trovano gli impianti termici e idrici rientrano fra le parti comuni e, solo di seguito, interpretando il titolo di proprietà vantato dai ricorrenti che escludeva che la “sala caldaia” fosse oggetto degli stessi), sostenendo che l’individuazione delle parti comuni operata dall’art. 1117 del Codice civile (“parti comuni dell’edificio”), non limitandosi a formulare una mera presunzione di comune appartenenza di tali beni a tutti i condòmini (vincibile con qualsiasi prova contraria), determina che, una tale presunzione, può essere superata solo dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla originaria formazione del Condominio e, per il suo effetto, al frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali. Cosicché, sempre secondo il ragionamento logico e giuridico espresso dai Giudici di legittimità, la decisione assunta dalla Corte di merito è risultata errata sia per aver ritenuto accertata la condominialità dei vani in contesa, senza verificare che gli stessi fossero effettivamente destinati a contenere gli impianti tecnici del fabbricato al momento della nascita del condominio (con frazionamento della proprietà dell’edificio e trasferimento delle unità immobiliari dall’originario unico proprietario ad altri soggetti), sia per aver erroneamente valutato la sussistenza di un “titolo contrario”, agli effetti della ritenuta condominialità, senza fare alcun riferimento, viceversa, all’atto costitutivo condominiale (infatti, per vincere la presunzione di condominialità, è onere dello stesso condomino rivendicante dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che, a tal fine, sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti, appunto, dell’atto costitutivo del condominio).