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Danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale. Insussistenza di una duplicazione risarcitoria tra la lesione inferta all’integrità del nucleo affettivo e il danno alla salute.

Maggio 4, 2022

La Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. III^, Ordinanza, 28/03/2022, n. 9857) intervenuta sul tema della contestuale liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (incidente sulla conservazione dell’equilibrio emotivo-soggettivo del danneggiato e, in una dimensione dinamico-relazionale, sull’impedita prosecuzione concreta di una relazione personale) e di un ulteriore importo a titolo di risarcimento del danno biologico (quale pregiudizio arrecato all’integrità psicofisica per l’uccisione del congiunto), ha affermato che tale congiunta liquidazione non costituisce una duplicazione risarcitoria, trattandosi di voci di danno tra loro diverse e derivanti da una lesione di beni che sono logicamente ed ontologicamente distinti tra loro e che trovano il proprio riferimento, rispettivamente, nell’art. 29 e nell’art. 32 della Costituzione. Nel caso affrontato dai Giudici di legittimità, la Corte territoriale di merito aveva rilevato una duplicazione risarcitoria compiuta dal Giudice di prime cure, il quale, a suo dire, aveva riconosciuto ai congiunti, contestualmente e da un lato, sia una personalizzazione del danno da perdita del rapporto parentale, in ragione delle relative conseguenze sulla persona dei danneggiati, che, dall’altro, un separato importo a titolo di danno biologico (costituito dal pregiudizio immediatamente e direttamente derivante dall’intervenuta perdita del figlio). I congiunti, allora, hanno promosso ricorso per cassazione innanzi alla Suprema Corte, censurando la sentenza impugnata, giacché il ragionamento logico – giuridico compiuto dalla Corte di Appello si esplicava in una motivazione del tutto apparente a fondamento della sostenuta duplicazione risarcitoria. Sul punto, la Cassazione ha precisato come, il danno derivante dalla perdita di un rapporto parentale, chieda di essere identificato nell’insieme di quelle specifiche conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, che discendono dalla definitiva cancellazione di una relazione personale caratterizzata dalla particolare pregnanza emotiva ed implicazione affettiva (come appunto, nella specie, il rapporto tra genitore e figlio). In tal senso, un danno destinato a tradursi, sul piano dei pregiudizi arrecati alla persona, nella duplice dimensione del cosiddetto danno morale, ossia quella sofferenza puramente interiore, patita dal danneggiato, sia per la perdita affettiva riscontrabile sul piano dell’afflizione e della compromissione dell’ordinario equilibrio emotivo (senza tuttavia alcuna degenerazione patologica suscettibile di accertamento medico-legale), che per la modificazione delle consuete attività della vita quotidiana e degli eventuali aspetti dinamico-relazionali, in conseguenza di tale perdita affettiva. In altre parole, un danno non patrimoniale consistente pur sempre e comunque in conseguenze dannose riferibili alla compromissione di quello specifico interesse legato alla conservazione dell’integrità del proprio nucleo familiare e/o affettivo. Differente il discorso condotto con riferimento al danno biologico determinato dall’uccisione di un proprio congiunto, il quale, sul piano morale e su quello legato alle implicazioni di tipo dinamico-relazionali, si riferisce, invece, alla conservazione dell’integrità della propria salute, e che, quindi, non può che essere ritenuto logicamente e ontologicamente diverso dal primo. Proprio in base alle superiori considerazioni, i Giudici di legittimità, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale di merito, hanno ritenuto corretto che il Giudice di primo grado, una volta liquidato il danno derivato ai congiunti dalla morte del figlio, sotto il profilo della perdita del rapporto parentale (incidente, tanto sulla conservazione del proprio equilibrio emotivo-soggettivo, quanto sull’impedita prosecuzione concreta di una relazione personale valutabile sul terreno della dimensione dinamico-relazionale), avesse deciso altresì di liquidare, a favore di questi ultimi, un ulteriore importo a titolo di risarcimento del danno biologico (necessariamente da intendere come un danno occorso alla salute degli stessi, e dunque come una lesione alla loro integrità psicofisica conseguente all’avvenuta uccisione del proprio figlio). Quanto sopra, con relativo riconoscimento dell’insussistenza di una duplicazione risarcitoria tra i due profili di danno liquidati in sentenza.