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Ritardato pagamento e applicazione di interessi moratori prescritti dal D.Lgs. n. 231/2002: nozione di transazione commerciale comprendente tutte le prestazioni di servizio (ivi incluso il contratto di agenzia).

Maggio 10, 2022

La Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. II^, Ordinanza, 31/03/2022, n. 10528) è intervenuta in tema di interessi moratori applicabili nelle transazioni commerciali e dovuti a ritardato pagamento, di cui all’articolo 2 del D.Lgs. n. 231 del 2002, affermando che nella nozione di “transazione commerciale” (intesa quale contratto di scambio che opera la creazione o la circolazione della ricchezza, stipulato da soggetti qualificati e caratterizzato dal pagamento di un prezzo), devono essere ricomprese tutte le prestazioni di servizio, non avendo la suddetta norma introdotto un nuovo tipo contrattuale ma solo riassunto il “genus” dei contratti ai quali si applica, tra i quali deve essere ricompreso, pertanto, anche il contratto di agenzia. Nel caso specifico sottoposto al vaglio dei Giudici di legittimità, un agente aveva convenuto in giudizio la compagnia assicurativa preponente chiedendole il pagamento dell’indennità di mancato preavviso previsto dall’accordo economico collettivo di settore, nonché talune somme aggiuntive previste dallo stesso, giacché quest’ultima aveva receduto senza motivazione dal contratto di agenzia inter partes. Il Giudice di primo grado, allora, aveva accolto la domanda dell’agente, applicando sulla somma a quest’ultimo riconosciuta in sorte capitale anche gli interessi al tasso di cui al D.Lgs. n. 231/2002. La società assicurativa, una volta spiegato appello, aveva vista accolta dalla Corte territoriale di merito – in parziale accoglimento dell’azionato gravame -, l’eccezione secondo cui sulle somme spettanti all’agente non potevano essere riconosciuti gli interessi moratori come determinati dal Giudice di primo grado. La Corte di Appello, infatti, deduceva che la norma recante l’applicazione di detti interessi si applicava alle somme dovute unicamente a titolo di corrispettivo per una transazione commerciale, mentre, viceversa, l’attività negoziale svolta dall’agente non poteva essere qualificata come prestazione di servizi, in quanto, quest’ultimo, promuove contratti per conto e talvolta anche in nome del preponente, ma senza offrire alcun servizio. La Suprema Corte, investita del ricorso promosso dall’agente, ha ritenuto censurabile l’affermazione del Giudice del gravame secondo cui, il contratto di agenzia, esulerebbe dal novero delle operazioni contrattuali suscettibili di rientrare nella nozione di “transazione commerciale” – poiché non costituente una prestazione di servizi – in quanto, “in assenza di espresse limitazioni” di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 231/2002, l’anzidetta nozione “deve essere intesa come ricomprendente tutte le prestazioni di servizio”, e tra queste non possono non includersi anche quelle offerte dall’agente assicurativo in favore della compagnia preponente, tramite l’esercitata attività di promozione e intermediazione del prodotto assicurativo. Ciò che rileva, hanno aggiunto ancora i Giudici di legittimità, è che il pagamento venga effettuato nel contesto di una «transazione commerciale», caratterizzata dalla presenza di prestazioni consistenti, anche non esclusivamente, purché prevalentemente aventi ad oggetto la consegna di merci o la prestazione di servizi. Di modo che il termine “transazione commerciale” – usato evidentemente in senso diverso dalla nozione tecnica di transazione di cui agli articoli 1965 e seguenti del Codice civile – non introduce un nuovo tipo contrattuale, ma indica soltanto l’ambito di applicazione della disciplina, riassumendo il genus dei contratti ai quali quest’ultima si applica.